In Africa sono stati riportati alla
luce gli utensili di pietra più vecchi del mondo: risalgono a 3,3
milioni di anni fa, circa 500.000 anni prima della stima che facciamo
sulla comparsa del genere Homo. Il ritrovamento dimostra che qualche
precedente specie di ominidi aveva sviluppato l'abilità di costruire
rudimentali strumenti litici (armi e arnesi di pietra), rivelando
aspetti sconosciuti della storia dell'evoluzione dei nostri antenati.
ATTREZZI D'ALTRI TEMPI. Il sito da cui
provengono i reperti, chiamato Lomekwi 3, si trova nella zona
desertica che circonda il lago Turkana, nel nord-ovest del Kenya. I
circa 150 oggetti raccolti a partire dal 2012 includono schegge
affilate, incudini e "martelli" (hammerstone), alcuni dei
quali di notevoli dimensioni. La datazione dei minerali e delle
ceneri vulcaniche nell'area degli scavi ha permesso di collocare i
manufatti in un periodo attorno a 3,3 milioni di anni fa.
DAL LEGNO ALLA PIETRA. In natura
diversi primati, come gli scimpanzé o i gorilla, sono in grado di
modellare grossolani arnesi di legno che vengono poi utilizzati per
la caccia e il trattamento del cibo. Finora, però, si riteneva che
l'uomo fosse l'unica specie della famiglia Hominidae capace di
lavorare materiali litici.
Secondo le teorie più accreditate, il
primo "uomo" a padroneggiare dei ciottoli scheggiati
(chopper) fu l'Homo abilis, che diede vita alla cosiddetta produzione
"olduvaiana" (dal giacimento di Olduvai Gorge, in
Tanzania), le cui testimonianze più antiche risalgono a 2,6 milioni
di anni fa e segnano l'inizio del Paleolitico Inferiore.
QUANDO L'UOMO NON C'ERA. Lo studio di
Nature sposta indietro l'origine dei primi utensili di pietra, in un
periodo in cui il genere Homo non era ancora apparso. Al momento non
è possibile stabilire chi sia l'artefice di questi oggetti, tuttavia
i ricercatori hanno già individuato due canditati verosimili.
Da un lato abbiamo il Kenyanthropus
platyops, un ominide di classificazione incerta (per alcuni si tratta
di una varietà di Australopithecus afarensis) i cui resti sono stati
rinvenuti nel 1999 a un chilometro di distanza dal sito Lomekwi 3.
Una secondo identikit porta invece direttamente all'Australopithecus
afarensis (quello del fossile Lucy), vissuto in Africa tra 4 e 3
milioni di anni fa. In entrambi i casi si tratta di specie di
proto-uomini ritenute fino a oggi non particolarmente abili,
soprattutto a causa della ridotta capacità cranica.
EVOLUZIONE UMANA. Gli archeologi
ritengono che gli strumenti non consentissero azioni complesse, ma
servissero per rompere i gusci dei frutti o per scavare nel legno in
cerca di insetti, in modo analogo a ciò che fanno alcune scimmie
antropomorfe. Ma come sottolinea Sonia Harmand, coautrice dello
studio, prima di questa scoperta si pensava che «il salto cognitivo
per ottenere scaglie affilate dalle pietre» riguardasse
esclusivamente il genere Homo, «e fosse la base del nostro successo
evolutivo».
Dato che l'abilità di costruire
oggetti richiede un certo livello di destrezza e manualità, i
ritrovamenti di Lomekwi 3 suggeriscono che i necessari cambiamenti
nel sistema nervoso centrale si siano manifestati nei nostri
progenitori prima di 3,3 milioni di anni fa.
INDIZI PRECEDENTI. A Dikika, in
Etiopia, nel 2009 un gruppo di ricercatori riportò alla luce i resti
di animali risalenti a 3,4 milioni di anni fa. Le ossa portavano
evidenti segni di tagli, indicando che degli ominidi avevano
padroneggiato delle pietre per tagliare la carne. Sul posto non fu
però trovata alcuna traccia di utensili, quindi fu impossibile
dimostrare se si trattasse di strumenti artigianali o semplici pietre
con spigoli vivi. Lo studio di Nature toglie ora qualunque dubbio.
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