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giovedì 18 aprile 2013

LE ORIGINI DELLE CULTURE NUBIANE


Le origini delle culture nubiane

 
Le industrie litiche databili al Paleolitico superiore in Nubia sono di tipo acheuleano, nome che deriva da quello della città di Acheul, in Francia, dove questo tipo di manufatto è stato scoperto per la prima volta.
Questi utensili sono amigdale e ciottoli scheggiati detti“choppers” e dovevano essere associati a una quantità imprecisata di strumenti in materiali deperibili per noi irrimediabilmente perduti.
Tra i più antichi esempi di queste industrie vanno menzionati quelli rinvenuti a Khor Abu Anga, presso Khartoum e in altri siti bassonubiani della zona di Wadi Halfa. Si tratta di esempi di uno strumentario non specializzato attestato in Africa da 1,5 milioni di anni fa ma che appare relativamente tardi nella valle del Nilo.
La materia prima utilizzata è arenaria ferruginosa.
Queste antiche popolazioni erano probabilmente dedite alla caccia e alla raccolta, ma non conosciamo purtroppo quali specie animali e vegetali fossero da loro sfruttate, in quanto le ossa provenienti dai siti dove i più antichi utensili sono stati raccolti non sono state studiate e non ci sono giunti resti vegetali così antichi.
L’apparizione in Nubia dell’Homo sapiens risale probabilmente a 70000 anni fa.
In questo periodo il Nilo cominciò a fluire da sud a nord e, nonostante alcuni pur notevoli cambiamenti di corso avvenuti nel corso del tempo, ad assumere il suo aspetto generale attuale.
Si veniva così a definire uno dei più importanti fattori nell’ambiente di questa regione dell’Africa.
A partire dai 40000 anni fa, la varietà dello strumentario litico aumentò, benché strumenti come quelli acheuleani continuassero ad essere utilizzati.
L’apparire di nuovi strumenti è abbastanza improvviso è ciò ha fatto ipotizzare che la nuova tecnologia, se non coloro che la padroneggiavano, fosse giunta nella regione dall’esterno.
L’origine possibile di questa tecnologia resta peraltro oscura e, d’altro canto, l’apparente repentinità della sua comparsa potrebbe anche essere frutto delle lacune nelle nostre conoscenze.
Tale epoca è caratterizzata da quattro diversi tecnocomplessi inseribili in un orizzonte generale non limitato alla Nubia ma che si estendeva a nord almeno fino all’altezza di Luxor, in Alto Egitto.
Il primo di questi tecnocomplessi è detto Musteriano Nubiano e è datato attraverso confronti con materiali vicino-orientali e europei tra i 5000 e i 33000 anni fa (Fig.1).

Fig. 1: esempi di industria musteriana nubiana. Si noti come le schegge non siano
ritoccate: è con il ritocco del nucleo che si predetermina la loro forma
Da questi confronti con i materiali europei il tecnocomplesso ha mutuato anche il nome, che deriva dal sito di Le Mouster, in Francia.
Accanto agli strumenti ancora di tipo acheuleano, compaiono strumenti più piccoli come grattattoi e bulini.
Alcuni di questi strumenti erano prodotti partendo da una accurata preparazione del nucleo che permetteva di predeterminare la forma della scheggia che si andava a staccare, secondo una tecnica che è detta levallois, dal nome di una città francese nei dintorni di Parigi.
I più antichi siti di abitato e aree di lavorazione e reperimento della pietra usata per produrre gli strumenti a noi noti in Nubia sono dei piccoli siti ascrivibili a questo tecnocomplesso.
La materia prima usata nella produzione degli strumenti litici è sempre l’arenaria ferruginosa.
Il secondo tecnocomplesso è detto Musteriano Denticolato, proprio in ragione della presenza di indentature originate dal ritocco lungo il margine di alcuni strumenti.
Essendo questa la sola differenza sostanziale rispetto il Musteriano Nubiano e essendo noti solo due piccoli siti con industrie del Musteriano Denticolato, pare verosimile che quest’ultimo tecnocomplesso rappresenti uno strumentario specializzato destinato a specifiche attività dagli stessi, e prodotto dagli stessi gruppi che producevano il Musteriano Nubiano.
Il terzo tecnocomplesso è detto Paleolitico Medio Nubiano e è caratterizzato da un’industria diversa dalle due precedenti.
Questo tecnocomplesso presenta infatti assonanze con altre industrie dell’Africa centrale e orientale, come il Sangoano, che prende il suo nome dalla baia di Sanga, sulla costa occidentale del Lago Vittoria, e il Lupembano.
In particolare, le larghe punte foliate del Paleolitico Medio Nubiano sono paragonabili a quelle del Lupembano (Fig.2).
Il Paleolitico Medio Nubiano si caratterizza anche per la grande abbondanza di asce e di piccoli strumenti su scheggia tra cui i grattatoi, benché manchi degli altri strumenti allungati e appuntiti che caratterizzano il Lupembano e il Sangoano.
Il quarto tecnocomplesso, forse leggermente più tardo e che giunge fino a circa 17000 anni fa, è il Khormusano, dal toponimo Khor Musa, nella regione di Wadi Halfa, in Bassa Nubia. Questo tecnocomplesso è caratterizzato da industrie prodotte con tecnica levallois e composte
principalmente da bulini, che erano molto abbondanti, e denticolati.
Da notare che questo tecnocomplesso sarebbe abbastanza assimilabile al Musteriano nubiano e al Musteriano denticolato per tecnologia di produzione e tipologia degli strumenti se non fosse per l’utilizzazione del diaspro, un tipo di pietra meglio lavorabile rispetto all’arenaria
ferruginosa.

Fig. 2: strumenti del tecnocomplesso detto Paleolitico Medio Nubiano. Da notare le
punte foliate simili a tipi diffusi nelle industrie dell’Africa centrale e orientale
Anche in questo caso, quindi, si può ipotizzare che il tecnocomplesso in questione non rappresenti diversi gruppi quanto piuttosto lo strumentario utilizzato per alcune attività specializzate dagli stessi gruppi che producevano il Musteriano Nubiano.
A partire da 20000 anni fa, quando ormai il Bassa Nubia il Nilo si era stabilizzato in un corso simile all’attuale, la differenziazione delle industrie si accentua.
In questa fase il clima secco e freddo dovette rendere difficile la presenza di gruppi umani nelle regioni non immediatamente prospicienti il fiume e favorire al contrario l’occupazione delle aree rivierasche e uno sfruttamento specializzatodelle risorse fluviali.
La validità di queste considerazioni è però necessariamente limitata alla sola Bassa Nubia, che è l’unica regione della Nubia e del Sudan che sia stata oggetto per queste fasi di indagini sistematiche da parte della Combined Prehistoric Expedition nel corso dell’ultima campagna per il salvataggio dei monumenti nubiani.
In Bassa Nubia il Khormusano è allora sostituito dal Gemaiano, industria rinvenuta in numerosi piccoli siti, forse campi di gruppi di cacciatori, lungo i paleocanali del Nilo. Il tecnocomplesso gemaiano è caratterizzato da bulini, rari rispetto al Khormusano, schegge appuntite, grattatoi e denticolati, sempre prodotti in diaspro.
Probabilmente i gruppi umani con industrie gemaiane predavano anche grandi animali della savana ai margini della valle del Nilo.
Anche il Sebiliano, noto sia in Alto Egitto sia in Bassa Nubia è ben caratterizzato: gli strumenti sono nuovamente prodotti in arenaria ferruginosa e sono di grandi dimensioni e più rozzi, dall’aspetto arcaico.
Questo strumentario potrebbe essere riconducibile a gruppi che adottavano sistemi di adattamento ancora legati alla caccia e alla predazione dei grandi animali della savana, le cui ossa sono state trovate associate a industrie litiche sebiliane, nondimeno è anche possibile che quest’ultimo tecnocomplesso sia stato semplicemente datato male e sia in realtà più antico di quanto finora ritenuto.
Un altro tecnocomplesso dell’area di Wadi Halfa, presumibilmente coevo al Gemaiano ma destinato a sopravvivergli, è detto Halfano e è caratterizzato da lamette microlitiche.
Le industrie microlitiche si affermarono in maniera generalizzata alla fine del Paleolitico, quando la specializzazione delle attività di sussistenza favorì l’affermarsi di strumenti compositi di cui i microliti, immanicati in materiali deperibili per noi irrimediabilmente perduti, erano parti.
I microliti assai accurati formavano punte di freccia, lame, grattatoi utilizzati per la caccia, la pesca e forse anche nella raccolta di vegetali selvatici.
I gruppi che producevano l’industria halfana vivevano in piccoli campi.
A partire da 18000 anni fa un gruppo di siti nello Wadi Kubbaniya, ai margini del Deserto Occidentale, presso Assuan si caratterizza per la presenza di molte macine forse connesse a uno sfruttamento intensivo di piante e cereali.
La presenza di queste industrie ben caratterizzate che convivevano in regioni spesso sovrapponibili o contigue ha fatto pensare che, in una fase in cui l’entroterra del Sahara era ancora poco adatto all’insediamento umano, la valle del Nilo avesse offerto un ambiente
più accogliente a diversi gruppi umani che vi convivevano pur in spazi
tutto sommato ristretti.
La concentrazione demografica e la competizione per le risorse può aver favorito la messa a punto di forme di sfruttamento dell’ambiente sempre più specializzate e efficienti.

Tra i 15000 e gli 11000 anni fa si determinò una fase di maggiore umidità, caratterizzata dagli alti livelli del Nilo, dei laghi sahariani e dell’Africa orientale.
In questa fase climaticamente diversa nella zona della seconda cataratta emerse il Qadiano nubiano che mostra considerevoli variazioni percentuali da sito a sito nella presenza degli strumenti, dallo spiccato carattere microlitico.
Ciò è forse spiegabile col fatto che diversi segmenti della popolazione svolgevano attività specializzate nei diversi siti o che i siti fossero utilizzati per attività diverse nelle diverse stagioni.
Tra queste attività vanno certamente annoverate la pesca, la caccia di buoi selvatici e altri ungulati, confermate anche dai resti ossei associati alle industrie litiche, e lo sfruttamento dei cereali selvatici, testimoniato dalla presenza di una grande quantità di macine e di microliti dai margini recanti la caratteristica patina originata dall’utilizzazione degli strumenti per recidere steli contenenti silicio.
Con il Qadiano per la prima volta ci sono note delle sepolture.
Il corpo era posto in posizione contratta in stretti pozzi ovali che, almeno in alcuni casi, erano all’interno degli accampamenti.
Un cimitero, quello del Sito 117 a Gebel Sahaba, conteneva scheletri con tracce di ferite causate da armi con punte in pietra.
Le industrie nubiane tra 12000 e 8000 anni fa sono scarsamente note, tra esse spiccano due tecnocomplessi microlitici noti come Arkiniano e Shamarkiano, ambedue scoperti nella zona della seconda cataratta e caratterizzati da somiglianze con il Capsiano Superiore,
un’industria litica dell’Africa del nord.
Arkiniano e Shamarkiano sono caratterizzati dalla presenza di strumenti microlitici, tra cui lame a dorso, geometrici, crescenti e schegge con ritocco denticolato.
In associazione al Shamarkiano si sono trovate anche delle punte di tipo ounaniano, ovvero lamette appuntite con ritocco alla base, presenti anche nelle industrie sahariane coeve.
La fauna acquatica è rara nei siti shamarkiani mentre è presente in associazione all’Arkiniano, in associazione con ambedue i tecnocomplessi, invece, sono stati rinvenuti resti di grandi mammiferi.
In una grotta presso Abu Simbel detta Grotta del Pesce Gatto un deposito di 7000 anni fa ha restituito un’industria shamarkiana associata però con teste di arpione in osso, dimostrando l’inserimento della Bassa Nubia in un vasto orizzonte che comprendeva l’alta valle
del Nilo, il Sahara e regioni dell’Africa orientale che è stato detto Acqualitico.
Tale orizzonte scaturisce più che dall’introduzione di un sistema di adattamento basato sulle risorse del fiume, che era praticato da epoche molto più antiche, dall’adozione piuttosto generalizzata della pesca con arpione barbato in osso.
Un sito simile datato al 6300 a.C. è stato scoperto a Tagra, sul Nilo Bianco, 200 km a sud di Khartoum, e ha anch’esso restituito arpioni in osso.
L’area che ci ha restituito finora resti più abbondanti di questo sistema di adattamento è proprio quella di Khartoum, dove fiorì una cultura archeologica nota come Early Khartoum o Mesolitico di Khartoum.
Dal 6000 a.C. circa questa regione era occupata da cacciatori, raccoglitori e pescatori che abitavano degli accampamenti anche abbastanza estesi, probabilmente occupati stabilmente per la gran parte dell’anno, come suggerito dallo spessore dei depositi archeologici.
Il sito di Khartoum ha, ad esempio, un’estensione di 5600 metri quadrati. A Khartoum si sono rinvenute anche delle tombe in cui i corpi dei defunti erano posti in posizione contratta e che erano localizzate all’interno dell’abitato.
L’ambiente sfruttato da queste popolazioni doveva essere quello delle paludi circostanti il corso del Nilo, come suggerito dalle specie animali i cui resti sono stati raccolti in associazione ai materiali archeologici. Questa cultura archeologica è caratterizzata da industrie litiche con grattatoi, lame a dorso microlitiche e delle più grandi “asce a crescente”, forse usate per la lavorazione dei manici in legno degli arpioni o di lance.
Altri strumenti tipici sono le punte di arpione in osso barbate solo su un lato e i pesi per reti da pesca in pietra.
Lo sfruttamento di piante selvatiche sarebbe suggerito dalla presenza di macine e macinelli, ma non va dimenticato che questi strumenti potrebbero essere stati usati anche per triturare dei pigmenti minerali.
In questa fase iniziò anche la produzione della ceramica, decorata con linee ondulate incise parallele tra loro (“wavy line”), forse prodotte usando come strumenti ossa di pesce gatto, e con linee ondulate ottenute attraverso l’impressione nell’argilla di un arnese a
più punte (“dotted wavy line”).
Quindi, la produzione della ceramica, associata nel Vicino Oriente e in Europa a un’economia di produzione, sarebbe nelle regioni esaminate collegata a esigenze forse simili a quelle di cottura e conservazione degli alimenti tipiche dei primi agricoltori o allevatori ma nel contesto di una società ancora di cacciatori e raccoglitori.
Più a nord, in Bassa Nubia, la ceramica sembra comparire solo più tardi, intorno al 4500 a.C., in contesti tardo-shamarkiani. A sud, benché con notevoli lacune nella distribuzione spaziale, questo tipo di ceramica è nota, oltre che nel Sudan centrale, in Alta Nubia e fino al
Lago Turkana nel Kenya settentrionale.
A ovest, grazie anche all’umidità che caratterizza in queste fasi l’ambiente sahariano, il sistema d’adattamento basato sullo sfruttamento delle risorse della pesca associate ad altre risorse locali testimoniato archeologicamente dagli arpioni in osso e dalla ceramica “wavy line” è attestato fino nel Mali.
I siti con materiale di questo tipo in Alta e Bassa Nubia sono generalmente classificati come Khartoum Variant o Khartoum Related e sono caratterizzati da industrie litiche che continuano le tradizioni locali delle fasi precedenti.
È stato per questo suggerito che l’apparizione della ceramica vada interpretata come un’innovazione esogena adottata dai gruppi nubiani piuttosto che come traccia di movimenti di gruppi meridionali verso il nord.
Recentemente un abitato ascrivibile a questa facies è stato indagato a El-Bargha, nella regione di Kerma, in Alta Nubia, e delle tombe coeve sono state individuate all’interno e in prossimità del sito di abitato.
La fauna raccoltavi conferma che la sussistenza era basata sulla caccia ad animali selvatici e sulla pesca.
Una struttura circolare parzialmente scavata nel terreno rinvenuta in questo sito e in cui sono stati trovati molti oggetti rappresenta l’unico resto strutturale finora rinvenuto in un’area di abitato di questa fase (Fig.3). Le tombe sono caratterizzate da un originale rituale che comportava la rottura e disarticolazione delle ossa.
L’economia produttiva si afferma in Sudan e Nubia solo a partire dal 6000-5500 a.C. e si manifesta con l’adozione del pastoralismo.
Secondo tutte le evidenze disponibili, la domesticazione di caprovini e bovini non avvenne nella valle del Nilo.
I bovini furono domesticati nel Sahara indipendentemente dal Vicino Oriente, come proposto da Mori e Barich, i caprovini furono invece domesticati nel Vicino Oriente e poi adottati dalle popolazioni del Sahara.
Solo in seguito e dal Sahara l’economia produttiva passò nella valle del Nilo.

Figura 3: la capanna mesolitica indagata a El Bargha, presso Kerma, è la più antica
abitazione nota in Nubia. Si noti la presenza al suo interno di alcune sepolture e il
fatto che la struttura sia parzialmente scavata nel terreno
Il passaggio al pastoralismo può essere spiegato, come proposto da Sutton e Phillipson, con la concentrazione di popolazione in determinate aree della valle che sul medio-lungo periodo avrebbe comunque innestato una ricerca di nuove e più abbondanti fonti di cibo.
Forse, come propone I. Caneva, si trattò di un’adozione dettata dalle caratteristiche sociali delle comunità del Sudan centrale.
In questa regione, infatti, i gruppi umani avevano già sviluppato, forse proprio grazie a secoli di sedentarizzazione e di uso di strategie di adattamento molto specializzate e diversificate, una struttura sociale articolata e assai complessa.
Proprio questa differenziazione e specializzazione nella produzione del cibo avrebbe preparato e favorito l’adozione dell’allevamento con il conseguente passaggio di alcuni segmenti della popolazione alla nuova forma di economia con grande facilità e, probabilmente, successo. Sempre secondo I. Caneva, l’adozione sarebbe cominciata con il passaggio di alcuni animali addomesticati da gruppi Sahariani ai gruppi del Sudan centrale in occasione di scambi matrimoniali.
Gli scambi matrimoniali spiegherebbero secondo questo modello anche l’adozione nella regione della “dotted wavy line”, che potrebbe essere apparsa prima nel Sahara che nel Sudan centrale.
Secondo questo modello, la diffusione di idee e, forse, anche di genti dal Sahara sarebbe connessa con la diffusione della “dotted wavy line” verso la valle del Nilo e sarebbe stata favorita da una pulsazione secca che avrebbe spinto i gruppi sahariani in aree più prossime alla valle del Nilo.
Per il momento però le evidenze ben datate di “dotted wavy line” nella valle del Nilo sudanese e nel Sahara non provano in modo definitivo questa ipotesi.
Speculativa resta anche l’ipotesi di R. Haaland secondo cui le popolazioni parlanti lingue Nilo-Sahariane e caratterizzate da un sistema di adattamento basato sullo sfruttamento specializzato di risorse dell’ambiente rivierasco sarebbero state allora rimpiazzate da pastori parlanti lingue Cushitiche.
Oggi grazie alle recenti ricerche condotte in Alta Nubia, nella regione di Kerma, l’introduzione dei bovini domesticati nella valle del Nilo può essere datata al 6000 a.C. circa. L’adozione degli animali domestici nella valle sudanese del Nilo fu un fenomeno quasi esplosivo e può essere seguita grazie all’evidenza recuperata in vari siti del Sudan centrale.
Nel giro di 500 anni si passò da una limitatissima percentuale di ossa di animali addomesticati scoperta a Geili a una percentuale assai alta registrata a Kadero.
La presenza di poche ossa di animali domestici non va però automaticamente interpretata come una prova del loro ruolo secondario nel sostentamento.
Infatti, lo sfruttamento degli animali per procurarsi un adeguato apporto proteico non ne implica automaticamente l’abbattimento: a tal fine, come attestato etnograficamente presso molte popolazioni di allevatori, potevano essere sfruttati anche solo il latte e il sangue.
L’economia di produzione basata sull’allevamento si associa all’adozione di modelli di maggiore mobilità, forse favoriti anche dal progressivo degrado ambientale causato in alcune aree proprio dalla presenza crescente di animali allevati.
La maggiore mobilità mise fine a lunghi secoli di sostanziale stabilità di insediamento collegata a un’economia di caccia e raccolta. Parallelamente, le tradizioni culturali regionali conobbero un processo di progressiva e sempre maggiore differenziazione, benché elementi comuni e traccianti trasversali permangano.
Il sito eponimo del neolitico sudanese è Esh Shaheinab, nel Sudan centrale, datato alla metà del V millennio a.C. A Esh Shaheinab è documentata la prima fase di allevamento degli animali, in cui questi ultimi rappresentano ancora una percentuale nettamente minoritaria
delle ossa raccolte, mentre continuano le attività di caccia, raccolta e pesca.
L’industria litica è largamente microlitica e caratterizzata da numerosi raschiatoi alcuni dei quali sono di grandi dimensioni, a forma di crescente e in criolite.
Utensile caratteristico è un’ascia, detta in inglese “gouge” (Fig.4), da cui deriva il nome di Gouge Culture talvolta usato per designare questa cultura in alternativa al nome di neolitico di Esh Shahinab o di Neolitico di Khartoum.
Importante è anche la continuità nella presenza dell’arpione in osso che, insieme all’amo in conchiglia, attesta la pratica della pesca (Fig.4).
Nella produzione ceramica, continua l’uso della decorazione “dotted wavy line” cui si affiancano motivi vari come quelli prodotti con impressioni praticate con movimento ondulatorio, detto in inglese rocker (Fig.4), e a spina di pesce e l’uso della ceramica a bocca nera, la cui parte interna e la banda lungo l’orlo erano annerite probabilmente cuocendo il vaso con l’orlo verso il suolo.

Figura 4: reperti antico-neolitici dal Sudan centrale. Si noti la ceramica impressa,
l’arpione in osso utilizzato per la pesca e il lunato microlitico, analoghi a quelli che
avevano caratterizzatola fase mesolitica
Altro sito assai rilevante per questa fase è Kadero, dove gli animali domestici rappresentano l’88% delle faune e al loro interno i bovini sono nettamente prevalenti sui caprovini.
La ceramica si distingue da quella di Esh Shaheinab per la rarità della decorazione “dotted wavy line”.
Le impressioni lasciate dagli inclusi vegetali sulla ceramica hanno permesso di identificare la presenza su questo sito di specie ancora selvatiche di sorgo, un cereale endemico del Sudan, che è attestato però in queste regioni in forme domestiche solo da epoca pienamente storica. Non si può però escludere che a Kadero si trattasse di forme morfologicamente ancora selvatiche ma di fatto già coltivate e lo stesso discorso può essere esteso anche al miglio.
Anche la presenza di macine e macinelli è stata interpretata come prova possibile dell’importanza delle piante nell’alimentazione degli antichi abitanti di Kadero, ma anche in questo caso non se ne può escludere l’uso nella triturazione di pigmenti destinati alla cosmesi.
Se è indubbio che un’ampia gamma di piante venisse sfruttata, divergenze restano quindi sulle modalità del loro sfruttamento e, in generale, sulla loro importanza nella dieta.
L’industria litica di Kadero è caratterizzata da grattatoi con pochi Microliti.
Lo strumentario del neolitico si caratterizza in generale per i geometrici in pietre locali con ritocco a bordo abbattuto, che sono i soli strumenti presenti accanto a grandi quantità di schegge.
Forse le schegge però, seppur non ascrivibili ad alcuna classe tipologica di strumenti, non vanno considerate solamente scarti di lavorazione ma erano in qualche modo utilizzate.
Interessante notare che è stato possibile compiere delle operazioni di re-fitting, ovvero ricomporre il nucleo a partire dalle schegge che ne erano state staccate, anche con materiali provenienti da contesto funerario e ciò suggerisce che la scheggiatura della pietra avesse un ruolo anche nelle cerimonie funebri.
In queste fasi l’industria in pietra polita è prodotta in rocce metamorfiche importate e è costituita, oltre che da asce, macine e macinelli, da palette, asce e teste di mazza discoidali o piriformi, che, come si vedrà, furono ben presto utilizzate per manifestare il rango.
La regione di Dongola in questa fase era occupata da popolazioni le cui culture archeologiche mostrano relazioni con l’Abkano della Bassa Nubia, con il Mesolitico di Khartoum e con il Neolitico di Khartoum.
La cultura del Gruppo di Karat è caratterizzata dall’avere in comune con i siti più meridionali solo un tipo di ceramica brunita con decorazione rocker.
Anche l’industria litica con numerosi grattatoi su scheggia con cortice e con pochi microliti e macine è piuttosto particolare.
Analogie possono piuttosto essere notate con la ceramica della successiva cultura della regione, il Pre-Kerma, e del Gruppo A basso-nubiano, di cui potrebbe essere l’antecedente.
Come detto, dunque, le culture neolitiche si caratterizzano per marcate differenziazioni e regionalismi nella stessa valle del Nilo.
A maggior ragione differenze e regionalismi spiccati si notano in siti geograficamente più remoti dalla regione di Khartoum e dal Sudan centrale, come quelli dello Wadi Howar, del Gruppo di Amm Adam e di Malawiya tra Gash e Atbara e Shaqadud nel Butana.
In particolare, a Shaqadud, nel Butana, all’interno di una grotta si può seguire in stratigrafie ben conservate il passaggio da mesolitico a neolitico, in un contesto che doveva vedere i gruppi umani impegnati prima nello sfruttamento specializzato dell’ambiente attraverso caccia
e raccolta di risorse della savana alberata e, poi, nello sfruttamento pastorale dell’area.
Questi gruppi, come dimostra la loro cultura materiale, mantenevano strette relazioni con gli abitanti della valle del Nilo, benché restassero da essi culturalmente distinti e avessero forse mantenuto più a lungo degli stessi abitanti dei siti rivieraschi dei contatti con il Sahara.

 

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