Per più di
200 anni di esplorazione geologica la penisola italiana rappresentava
un'eccezione tra i paesi dell´Europa meridionale - non restituendo alcuna
evidenza della presenza di dinosauri sul territorio.
Coelurosaurichus toscanus
Impronta |
Tethyshadros insularis
(Antonio)
Tethyshadros insularis |
Il tetisadro
(Tethyshadros insularis) è un dinosauro erbivoro, appartenente agli ornitopodi. Visse nel Cretaceo superiore (Maastrichtiano, circa 70 milioni di anni fa). I suoi resti sono stati ritrovati in Italia, nella località fossilifera Villaggio del Pescatore, vicino a Trieste. Lungo circa quattro metri, questo animale per molti versi era affine agli
adrosauridi, i grandi dinosauri erbivori che nel Cretaceo superiore si diffusero nelle
pianure di Nordamerica e Asia. Tuttavia, molte caratteristiche lo avvicinavano al
ben noto Iguanodon, e altre ancora lo distinguevano da ogni altro
ornitopode. La testa, allungata e simile a quella di un cavallo, era simile a quella di Iguanodon,
ma possedeva un curioso becco dotato di numerose punte che sporgevano in
avanti, diverso da quello di qualunque altro ornitopode. Gli arti, invece, sono
molto simili a quelli degli adrosauri nordamericani. Le zampe anteriori,
tuttavia, erano caratterizzate da una mano a tre dita (invece che a quattro dei tipici adrosauri) la cui mobilità era
molto ridotta. Gli arti posteriori erano molto allungati e la tibia era più lunga rispetto al femore; questa caratteristica è tipica degli animali corridori. Anche la coda era notevolmente diversa da quella degli adrosauri tipici, e terminava in
una sorta di frusta
Scipionyx samniticus (Ciro)
Scipionyx samniticus |
Scipionyx è un genere di dinosauri teropodi viventi in Italia nel Cretaceo inferiore, circa 113
milioni di anni fa. Ad oggi l'unico scheletro fossile rinvenuto appartiene ad un esemplare giovane con
preservate in eccezionale stato conservazione parti di tessuti molli ed organi
interni, il reperto è stato soprannominato "Ciro" dalla stampa
popolare italiana, che ha ampiamente pubblicizzato questo ritrovamento. L'olotipo e unico resto fossile conosciuto di questo genere è stato rinvenuto a Pietraroja (BN), è stato acquisito dall'Università di Napoli Federico II; dal 15 aprile del 2005 un calco di esso si trova presso il luogo di
ritrovamento, al Paleolab, un museo realizzato presso l'area geopaleontologica
di Pietraroja, mentre l'originale si trova custodito in magazzino a Salerno. Dettaglio degli organi interni eccezionalmente conservati nel fossile di Ciro
e delle zampe anteriori terminanti a tre dita. Gli studiosi ritengono che lo Scipionyx
da adulto avrebbe probabilmente raggiunto la lunghezza di due metri per 1,30 m
di altezza ed il peso di 20 kg circa. L'anatomia di questo animale era
vagamente simile a quella del Velociraptor con cui condivide l'infraordine, ma le due specie forse non facevano parte della stessa famiglia. Si
nutriva di pesci e rettili (i cui resti sono stati ritrovati nello stomaco
dell'esemplare ritrovato) e forse di piccoli invertebrati. Dal punto di vista
della conservazione l'esemplare ritrovato è privo solamente dell'estremità
della coda e delle zampe posteriori ed è l'unico dinosauro finora rinvenuto nel
mondo di cui sono visibili anche alcune parti molli del corpo, come
l'intestino, con resti dell'ultimo pasto, il fegato, la trachea, gli occhi,
piccolissime porzioni della pelle e fasci di fibre muscolari del petto. Anche
grazie all'eccezionale conservazione di questi tessuti e all'individuazione
delle tracce di ferro che al tempo erano parte dei globuli rossi, si è fatta
sempre di più strada l'ipotesi che Scipionyx fosse un animale a sangue
caldo. Visse 113 milioni di anni fa in prossimità di quello che doveva essere
l'oceano Tetide, presso un ambiente lagunare caratterizzato
da gruppi di isole. Quando morì aveva solo pochi giorni di vita e misurava una
cinquantina di centimetri. Gli scienziati hanno ipotizzato che sia morto
durante un'alluvione provocata da un uragano. Forse aveva da poco abbandonato
il nido quando fu travolto da un'onda di piena, il suo cadavere finì in quella
che era una laguna poco profonda, a poche centinaia, o forse decine, di metri
dalla riva.. Il corpo rimasto sul fondo limaccioso della laguna, in ambiente
anaerobico, non si decompose. Fossilizzandosi entro il sedimento in cui rimase
imprigionato, si è conservato fino ai nostri giorni. Il sito fossilifero di
Pietraroja è famoso per l'eccezionale qualità dei suoi reperti, generalmente si
tratta di animali costieri o acquatici, ma erano già stati rinvenuto resti di
piante e di rettili simili a lucertole, oltre a probabili frammenti di
coccodrillo.
Saltriosaurus
Saltriosaurus |
Besanosaurus leptorhynchus
Il besanosauro
(Besanosaurus leptorhynchus) è un rettile estinto appartenente agli ittiosauri. Visse nel Triassico medio (Anisico/Ladinico, circa 237 milioni di anni fa) e i suoi resti fossili sono stati ritrovati in Italia. È uno dei fossili più rappresentativi del famoso giacimento di Besano / Monte San Giorgio. Questo
animale è noto per un esemplare pressoché completo, lungo 5,8 metri. Il cranio era piuttosto piccolo rispetto al corpo e possedeva un rostro di forma
allungata e sottile, mentre le orbite erano relativamente piccole se
confrontate con quelle di altri ittiosauri coevi (come Mixosaurus) e misuravano circa 8 centimetri di diametro. I denti, spaziati fra di loro in maniera regolare, erano piccoli e di forma
conica, con la punta leggermente smussata. Come in tutti gli ittiosauri, gli
arti erano trasformati in strutture simili a pagaie. I due arti anteriori erano
più grandi di circa il 15% di quelli posteriori, e possedevano numerose
modificazioni strutturali: l'omero era breve e arrotondato, mentre il radio possedeva una lieve costrizione centrale e l'ulna era quasi del tutto circolare. Sia "mani" che "piedi"
presentavano solo quattro dita ma con un notevole aumento del numero di
falangi. Sembra che il corpo, piuttosto snello e allungato, non presentasse
alcuna pinna dorsale (al contrario degli ittiosauri successivi) e la coda era lunga e sottile (anch'essa probabilmente sprovvista di pinna caudale).
Si pensa che l'animale in vita dovesse pesare circa mezza tonnellata. L'olotipo di Besanosaurus venne ritrovato nella primavera del 1993 nella cava del "Sasso Caldo", nei pressi di Besano, dai
volontari del gruppo paleontologico di Besano. Il fossile, a esclusione della
punta del rostro, era completamente immerso nelle rocce circostanti e
inizialmente poté essere visto solo tramite i raggi X; furono necessarie 145 radiografie per esaminare il contenuto delle 38 lastre
di roccia che racchiudevano lo scheletro. L'esemplare venne poi alla luce nel
laboratorio paleontologico del Museo Civico di Storia Naturale di
Milano dopo 16.500 ore di preparazione. I preparatori
rimossero la roccia che racchiudeva il fossile passo dopo passo, utilizzando
sabbiatrici, ceselli, aghi e con l'ausilio di uno stereo microscopio. Le 38
lastre di roccia vennero poi riassemblate e fu creata una matrice di silicone,
dalla quale poi si ottenne un calco dell'esemplare originale. Attualmente il
fossile si trova nel Museo civico di Storia Naturale di
Milano, presso il quale si possono ammirare un calco e una
ricostruzione dell'animale. Un altro calco si trova nel Museo Civico dei Fossili di Besano.
Neptunidraco ammoniticus
Studiando un fossile conservato nel
Museo Paleontologico e della Preistoria “Pietro Leonardi” di Ferrara, due
ricercatori del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali
dell’Alma Mater hanno scoperto i resti fossili del rettile marino lungo 4 metri
e vissuto 160 milioni di anni fa Una lunga testa, munita di decine di denti
conici, un corpo idrodinamico e quattro arti a forma di pinne. Viveva sul
territorio italiano quando, 160 milioni di anni fa, esso era ancora ricoperto
dalle acque. Si tratta di un plesiosauro, un rettile di grandi dimensioni, il
primo scoperto nel nostro Paese. In uno studio, pubblicato in questi giorni sulla rivista
scientifica internazionale Acta Palaeontologica Polonica, Andrea Cau
e Federico Fanti, paleontologi del Museo Geologico “Giovanni Capellini”
(Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di
Bologna) descrivono la loro scoperta: il fossile, custodito nel Museo
Paleontologico e della Preistoria “Pietro Leonardi” di Ferrara, contiene i
resti di un plesiosauro. Finora, i resti fossili di questi rettili marini
vissuti nell’era Mesozoica (tra 200 e 65 milioni di anni fa), lunghi da 3 a
15 metri erano praticamente assenti in Italia. A parte alcune osse singole, non
era mai stato scoperto uno scheletro nel nostro Paese. Il fossile studiato
dai due ricercatori fu rinvenuto negli anni ’80 del secolo scorso durante
lavori di estrazione da una cava di marmo rosso ammonitico presso Kaberlaba
(Vicenza), ma solo di recente è stato possibile analizzarlo, su sollecitazione
della direzione del museo ferrarese. Lo scheletro di plesiosauro lungo 4
metri, in buono stato di preservazione (sono presenti circa 70 ossa), ha
permesso di stabilire che era membro della famiglia Pliosauridae, un gruppo di
predatori marini lunghi fino a 10 metri, e di ricostruire fedelmente l’aspetto
originario dell’animale in vita. Il fossile risale all’inizio del Giurassico
Superiore (160 milioni di anni fa). A quel tempo, buona parte del
territorio italiano non era ancora emerso dal mare: gli strati rocciosi da cui
è stato estratto il fossile sono infatti l’antico fondale marino giurassico
sollevatosi con la formazione della catena alpina. Questo studio è il
secondo di una serie che ha come oggetto i rettili mesozoici vissuti in Italia.
Nel 2011, gli stessi ricercatori avevano descritto un altro grande rettile
giurassico italiano, Neptunidraco ammoniticus. Queste ricerche confermano che
l’Italia ha un patrimonio paleontologico sottostimato e ancora in buona parte
inesplorato. Ulteriori indagini su nuovi esemplari sono attualmente in
preparazione.
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