Archeologia sperimentale
Lo studio dell’antichità poggia su una vastissima gamma di discipline scientifiche, ognuna specializzata in uno specifico campo d’azione.
La disciplina madre che concorre allo studio dell’antichità è l’Archeologia (dal greco arkaiologhìa, composto dalle parole arkaios “antico”, e logos “discorso”). Essa studia le civiltà e le culture umane del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l’analisi delle tracce materiali, che hanno lasciato: dalle architetture ai manufatti, dai reperti materiali (come la ceramica) alle tecniche di scavo e restauro, dai resti biologici e umani ai sedimenti industriali.
Oltre all’archeologia, molte altre discipline scientifiche studiano l’antichità come, per esempio, l’archeozoologia, la paleobotanica, la geologia (per la conoscenza sia delle caratteristiche delle varie pietre da costruzione, delle gemme, dei metalli e leghe metalliche, delle argille, sia dei meccanismi geomorfologici di erosione e di sedimentazione), la paleontologia (per i resti fossili vegetali, animali e umani), la storia, l’etnologia (per lo studio delle organizzazioni socio-culturali delle comunità umane, dei loro aspetti comportamentali e simbolici e delle relazioni con l’ambiente), l’epigrafia, la numismatica, la topografia antica, la glottologia, ecc.
Esiste, infine, l’Archeologia sperimentale, che tenta di riprodurre sperimentalmente le condizioni antiche nelle quali gli oggetti sono stati prodotti e si sono successivamente modificati, deteriorati e distrutti, allo scopo di sottoporre a prova sperimentale le ipotesi fatte sulla base di resti rinvenuti. Essa, quindi, è una disciplina scientifica applicata alle materie storiche (dal paleolitico in poi, cioè, dall’apparizione dell’Homo habilis circa 2,5 milioni di anni fa), che consiste nell’elaborazione empirica, riproducibile e misurabile, delle informazioni mancanti in un soggetto attestato dalle fonti. Il termine sperimentale (in senso generico: provare personalmente, fare esperienza di qualcosa), aggiunto a archeologia, è l’aggettivo qualitativo, ossia il modo di fare l’archeologia mediante l’esperimento empirico.
Il presupposto per una applicazione legittima dell’archeologia sperimentale, è che l’argomento assoggettato alla verifica empirica sia:
A: un oggetto incompleto (manufatto, strumento o fabbricato: in questo caso il soggetto dell’archeologia sperimentale è la ricostruzione dell’oggetto stesso;
B: oggetti attestati integralmente dall’archeologia, di cui però non si conoscono le tecniche costruttive e le procedure di fabbricazione: in questo caso il soggetto dell’archeologia sperimentale è la ricostruzione delle tecniche costruttive;
C: oggetti attestati integralmente dall’archeologia (o ricostruiti in modo sperimentale), di cui non si conoscono qualità, caratteristiche ed effetti relativi al suo utilizzo: in questo caso il soggetto dell’archeologia sperimentale è l’individuazione delle qualità funzionali;
D: gesti tecnici, modelli tattici, sociali e operativi di un lavoro (militare, artistico, artigianale, ecc.) attestato dalle fonti (iconografiche, letterarie o epigrafiche) di cui si conosca l’effetto, ma non le procedure per ottenerlo.
Ecco perché nell’archeologia la sperimentazione è difficilissima: in essa la variabile comportamentale umana gioca un ruolo importantissimo, sia perché necessita di mezzi, strutture, soggetti pensanti e preparati scientificamente e umanisticamente, capaci di usare consapevolmente le mani per creare, sia persone di mediazione, buon senso, intuizione e, talvolta, anche di un pizzico di impulso alla “trasgressione creativa”.
L’archeologo sperimentale è, dunque, un umanista che ha bisogno della mano e del cervello di chi sa non solo replicare i manufatti, ma di porsi come obiettivo l’uso di essi in contesti il più possibile simili a quelli della documentazione archeologica di riferimento. L’archeologia sperimentale, infatti, raggiunge il suo scopo solo quando il soggetto risulta funzionale e al contempo conforme alle descrizioni letterarie ed iconografiche.
Origine ed evoluzione dell’umanità
La storia della Terra come pianeta si perde in un passato accessibile solo a valutazioni ipotetiche. Ignoriamo ancora l’età del nostro globo, e le ricerche più recenti non escludono la possibilità di datazioni sempre più arretrate. Un tempo si parlava di tre miliardi di anni, successivamente di cinque, poi di sette, e oggi appare accettabile l’ipotesi di un’età che raggiunga oltre i dieci miliardi di anni.
Il fenomeno della vita sulla terra è sempre apparso allo spirito e alla meditazione dell’uomo un fatto misterioso, suscitando nel corso dei millenni l’interesse delle mitologie, delle filosofie, delle teosofie e delle teologie.
Sull’origine della vita, al di là di schemi scientifici metodologicamente ineccepibili che danno l’idea di come abbia potuto attuarsi storicamente la biosintesi (o creazione originaria), occorre dire che c’è stata nella storia del nostro pianeta una fase in cui si produssero le condizioni per l’avvio del processo vitale.
La storia della Terra e la storia della vita hanno intervalli di tempo la cui estensione supera ogni nostra capacità di immaginazione. In qualche momento del tempo, quando si produssero le condizioni favorevoli, ebbe inizio la vita col suo discorso, come processo di trasformazione dell’energia; e questo processo di trasformazione non si è mai interrotto dal momento del suo avvio.
Il periodo in cui collocare la fase di transizione dall’abiotico al biotico, dall’evoluzione chimica a quella organica (prime cellule conosciute, le alghe) come evento storico, si può posizionare intorno ai tre miliardi di anni. Probabilmente la preistoria della cellula, per la sua strutturazione estremamente complicata, che ha portato al raggiungimento dello stato di cellula, deve essere stata ancor più lunga della via percorsa dalla cellula nel suo sviluppo da allora ad oggi. Dal punto di vista dell’organizzazione della vita, dopo la cellula, dunque, non si è verificato più nulla di essenzialmente nuovo.
Da 600 milioni a 70 milioni si registra l’evoluzione dei vertebrati (dalle forme arcaiche di pesci agli anfibi, ai rettili sino ai più antichi mammiferi.
Da 70 milioni a un milione di anni si assiste all’evoluzione dei primati: preforme degli antropoidi, dei pitecantropi e degli ominidi. Da questi ultimi, circa 4 milioni di anni fa, scaturisce il genere Homo, di cui fa parte l’Homo habilis, secondo antichi resti rinvenuti nella regione dei laghi del Kenia.
Da un milione a 100 mila anni fa c’è il passaggio dall’Homo habilis all’Homo erectus, che presenta una postura completamente eretta, un notevole sviluppo cranico e soprattutto lo sviluppo di una primordiale tecnologia: capacità di costruire manufatti, cultura di strumenti ossei, semplici attrezzi di pietra, asce, cultura della pietra scheggiata. Intorno a 400 mila anni fa è databile la “scoperta” del fuoco in Cina. Dapprima si impara a conservare quello provocato dai fulmini, il seguito il fuoco verrà ottenuto con mezzi rudimentali.
Da 100 mila a 30 mila anni fa si assiste ad un ulteriore stadio evolutivo: dall’Homo erectus all’Homo sapiens. Circa 100 mila anni fa un gruppo di sapiens migrò nell’Europa glaciale dando origine a quello che viene comunemente chiamato uomo di Neanderthal, dalla valle tedesca dove vennero effettuati i primi ritrovamenti. L’Homo sapiens appare subito dotato di qualità artistiche e tecniche (scultura, pittura, fabbricazione di utensili, incisioni su pietra, ossa e avorio, lame finemente lavorate).
Circa 30 mila anni fa giunge in Europa quello che viene detto “uomo di Cro-Magnon”, dal sito del primo ritrovamento Homo sapiens sapiens, ossia una sottospecie del sapiens. Negli ultimi anni si è rafforzata la teoria che vede Neanderthal e Cro-Magnon come due specie diverse evolutesi in modo quasi parallelo. L’uomo di Cro-Magnon, ovvero l’uomo moderno, sostituisce, in Europa l’uomo di Neanderthal (che si estingue circa 28 mila anni fa) in un arco di tempo relativamente breve anche se non è possibile stabilire che tipo di relazioni si stabiliscano tra i due.
Con il termine dell’ultima glaciazione, iniziata 70 mila anni fa, e con l’irrompere di un’economia fondata sull’agricoltura cessa il nomadismo della specie umana per un sedentarismo che con il tempo sarà sempre più spinto e di cui il processo di urbanizzazione sarà il sintomo più evidente. Con l’agricoltura si ha una maggiore necessità di avere molti figli: di conseguenza aumenta e acquista valore la fertilità e il ruolo della donna nella comunità.
Intorno a 10 mila anni a. C. la rivoluzione agricola segna l’inizio di una significativa accelerazione nell’evolversi delle tecnologie elementari e nell’organizzazione territoriale e sociale: la lavorazione dei metalli, il telaio, il tornio, la ruota, la nave, la nascita delle città e l’invenzione della scrittura alfabetica e ei numeri ne costituiscono le tappe salienti dalla protostoria all’epoca storica.
Nel corso del Paleolitico e del Mesolitico (periodo che dura oltre settemila anni) si lavorano le ossa animali, che, trattate con bulini di pietra, forniscono utensili a punta particolarmente delicati: aghi, punteruoli, punte di frecce. Successivamente si fabbricano arpioni, propulsori per frecce, bastoni di comando. Il corno viene anche forato e dai teschi si ricavano i primi recipienti, usati per contenere coloranti e grassi da illuminazione. Le pelli vengono conciate e impiegate per l’abbigliamento e come strutture di copertura delle capanne.
Oltre alla lavorazione dei resti animali, l’uomo paleolitico lavora la pietra, scheggiandola e sfaldandola, fino a farne un utensile per la lavorazione dell’osso e del corno e un’arma strategica per la caccia, come l’arco.
Alle soglie del Neolitico la tecnologia della pietra raggiunge complessità notevoli: le punte di pietra acquisiscono un’efficienza di taglio molto elevata, anche se non ancora paragonabile a quelle successive di rame. Le punte, le lunette, le lame levigate vengono montate in manici di legno e di osso in modo da costituire uno strumento maneggevole per la caccia, per la difesa e per l’attività lavorativa. Con tecniche simili si costruiscono poi anche rudimentali scure e aratri.
A partire dal cinquemila a. C. inizia la prima metallurgia mediante riscaldamento, fusione e colata. I metalli hanno caratteristiche di lavorazione assai simili: oro, argento, rame, piombo, antinomio, stagno, leghe di bronzo. Nello stesso periodo si comincia a fondere e lavorare il vetro e si modella l’argilla.
Attorno a cinquemila anni fa irrompe l’invenzione della scrittura e con essa lo sviluppo delle società complesse e l’inizio della storia.
La memorizzazione e rappresentazione grafica delle cose e, per loro tramite, delle parole corrispondenti, risale al 3500 a. C. Nel tremila a. C. la parola scritta segue lo stesso ordine di quella pronunciata. Nasce il professionista della scrittura, lo scriba, che in Mesopotamia, l’unico materiale scrittorio comune è l’argilla.
Si conclude così la lunghissima fase delle vicende umane della preistoria, iniziata a rigor di termini 200 mila anni fa quando nella regione dell’attuale Sud Africa apparve un tipo umano detto Homo sapiens sapiens che dal punto di vista morfologico risulta in tutto identico all’uomo attuale.
Nel tremila a. C. nascono le prime grandi civiltà idrauliche sorte sui grandi fiumi del Nilo e del Tigri-Eufrate. E in Egitto compare la prima macchina tessile: il telaio.
Intorno al 3.100 a. C. la Bibbia pone la fuga di Lot e della sua famiglia da Sodomia e Gomorra, probabilmente annientate da un asteroide del diametro di quasi un chilometro.
Una popolazione agricola munita di una cultura di tipo Neolitico e stabilita nelle valli del Pakistan conosce la ceramica a fuoco, lavora col tornio e decora con ornamenti geometrici. Il rame e il bronzo sono usati solo come ornamenti (3000 – 1500 a. C.).
Nel 2.500 a. C. inizia, infatti, l’epoca della metallurgia. A questa data in Medio-Oriente si lavora già il rame.
Nel periodo medio dell’età del bronzo e del ferro (2000 – 1600 a. C.) si sviluppa in Grecia la grandiosa cultura minoica, che raggiunge il suo ultimo e massimo splendore a Creta nella tarda età del bronzo (1600 – 1200 a. C.). I primi prodotti della lavorazione del ferro sono le nuove ed esili spade che sostituiscono gli spadoni di bronzo; seguono poi le doghe, le punte di lancia, le scuri di guerra. Le città, intanto, diventano centri di traffici mercantili, mentre l’organizzazione sociale è improntata al matriarcato.
Nel 1850 a. C. la Bibbia pone il patriarca Abramo, contemporaneo del Codice di Hammurabi.
Nel 1200 a. C. avviene il passaggio degli Ebrei nel mar Rosso ed in Grecia si combatteva la guerra di Troia raccontata da Omero nell’Eliade e nell’Odissea.
Intanto inizia la grande migrazione nella penisola italiana. Oltre le tribù illiriche irrompono nella penisola anche gli italici, che comprendono le tribù umbro-sabelliche e il gruppo dei latino-falisci. Tra il 900 e l’800 a. C. si verifica l’immigrazione degli etruschi e dei greci.
Dal 1000 al 500 a. C. le città greche (Delfi, Olimpia, Corinto, Atene, Sparta, Tebe) diventano centri di vita economica e in seguito anche politica, istituendo la città-stato (polis). I greci apprendono dai Fenici la scrittura e ne sviluppano l’alfabeto.
Nell’800 a. C. l’umanità raggiunge l’Età del ferro.
Nel 753 a. C. nasce la città di Roma.
Nel VI secolo a. C. le asce risultano dotate di manici più lunghi e munite di foro per immanicatura, gli scalpelli sono più massicci, la sega subisce un notevole miglioramento giacché le lame di ferro permettono l’introduzione di dentature allacciate.
Nel VI-V secolo fiorisce la civiltà greca. Spiccano come filosofi Anassagora di Clazomene (circa 500 – 428), Pitagora di Abdera (circa 485 – 215), Empedocle di Agrigento e Democrito di Abdera (circa 460 – 371). Massima importanza per lo sviluppo della filosofia occidentale assume Socrate (470 – 399), le cui idee sono diffuse dalle opere del discepolo Platone ( 427 – 347). Nell’arte poetica eccelle Pindaro di Tebe (520 – 446); come tragediografi Eschilo (525 – 456), Sofocle (496 – 406), Euripide (480 – 406), Aristofane (445 – 385); come storico spicca Erodono (circa 485 – 430), fondatore della storiografia greca; come architettura emerge su tutti Fidia (circa 500 – 430); e, infine, la scienza medica trova come primo grande cultore Ippocrate di Cos (460 – 377).
Nel IV secolo a. C. si forma una serie di nuove scuole filosofiche: Diogene (412 – 322), che fonda la scuola cinica; Aristotele (384 – 322), che domina tutto il sapere del suo tempo e fonda la scuola dei peripatetici; Epicureo (341 – 370), che è l’iniziatore della scuola imperniata sul concetto di voluptas; Zenone di Cizio (336 – 264), che fonda il movimento antiedonistico (atarassia) chiamato stoicismo.
Dal 500 a. C. inizia il declino dell’influenza etrusca e inizia il predominio di Roma in Italia. La sua ascesa e il suo slancio espansivo, facilitati da uno sviluppo generale del diritto e della giurisprudenza giuridico-amministrativa, conquistano anche la Grecia: Graecia capta – come scrive Orazio – ferum victorem cepit et artes intulit (la Grecia conquistata, conquistò il rozzo vincitore e introdusse le arti). Alle monarchie ellenistiche, Roma contrappone il concetto di libertas, cioè, una libertà disciplinata da leggi eque e inflessibili, valide per tutti.
Dalla fusione della visuale filosofica e scientifica la cultura greca passa ad una sempre maggiore specializzazione delle varie discipline: il sapere tende sempre più a differenziarsi concretamente nelle varie forme scientifiche e tecnologiche. Nascono il grande matematico Euclide (sec. III a. C.), autore dei celeberrimi Elementi di geometria, che applicano in modo rigoroso la logica di Aristotele; il grande e geniale fisico Archimede (287 – 212 a. C.), a cui si deve la dottrina della leva (datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo!).
Col 146 a. C., anno della sottomissione della Grecia e della distruzione di Cartagine, Roma è ormai una potenza incontrastata del Mediterraneo.
La mentalità romana è portata piuttosto alla vita concreta degli uomini negli ordinamenti politici e rifugge dal puro filosofare come indagine teoretica del mondo, ma accoglie ugualmente i filosofi e il loro insegnamento, anche se si mostra più interessata ai problemi morali e politici.
Intorno alla metà del II secolo a. C. l’invenzione della pergamena, derivante dal trattamento delle pelli di animale, sostituisce il costoso papiro egiziano.
La storia del genere umano registra una svolta epocale con l’avvento di Cristo. Il cristianesimo appare nella storia proprio nel momento in cui il pensiero antico non sapeva dare più risposte esaurienti al problema della vita. Esso costituisce un fatto di innegabile rilevanza nella storia della civiltà umana, influenzando l’antropologia, la politica, la società, l’economia, l’arte, la cultura, la scienza.
Nei primi tre secoli dell’era cristiana l’Impero romano è ostile al cristianesimo, in cui vede il nemico della propria onnipotenza e delle proprie tradizioni religiose; da qui nasce l’arte sepolcrale, la simbologia e l’archeologia cristiana. Con la vittoria di Ponte Milvio (313 d. C. ) e con l’Editto di Milano dello stesso anno il cristianesimo ottiene da Costantino il riconoscimento di religione praticabile. Tuttavia solo con Teodosio l’Impero riconosce (editto del 380 d. C.) la Chiesa come organizzazione religiosa autonoma nella sua sfera: Impero e Chiesa diventano due istituzioni egualmente perfette, sebbene su due piani distinti del temporale e dello spirituale. Ma proprio alla morte di Teodosio (395 d. C. ) l’Impero viene definitivamente diviso nei due regni di Occidente e di Oriente; i due regni non tardano a costituirsi in due imperi autonomi: Impero d’ Occidente, ben presto invaso dai barbari, e Impero d’ Oriente, politicamente più tranquillo.
Le invasioni barbariche e la condizione precaria, nonché la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d. C.) provocano un grave regresso tecnico. L’uso del ferro per gli attrezzi di lavoro si fa sempre più raro sin quasi a scomparire.
Nella generale decadenza politica, culturale, economica, morale sono i “chierici” e i monaci a conservare gli elementi rilevanti della civiltà antecedente. Le fiorenti scuole di retorica scompaiono dopo le distruzioni operate dai barbari. Molti codici di opere classiche vanno perduti. Pochissima gente rimane che sappia leggere e scrivere. Nello smarrimento generale degli animi alcuni monasteri servono di rifugio agli uomini, allo spirito, agli intellettuali, al lavoro agricolo e artigianale.
Il monachesimo, di cui l’Oriente dava esempi notevoli, ha la funzione e il merito di raccogliere le forze per una possibile ripresa di civiltà; celebre, fra gli altri, è in Occidente il monastero di Montecassino, fondato da san Benedetto da Norcia nel 529.
Mentre in Occidente i barbari si consolidano, dando l’avvio alla formazione delle nuove nazionalità, l’Impero d’Oriente ricevono l’invasione degli arabi, provenienti dalle regioni più orientali; dopo la morte di Maometto (632) gli arabi conquistano via via la Siria, la Palestina, la Persia, l’Egitto e le città africane che si affacciano a maggiore o minore distanza sul Mediterraneo.
Dopodichè inizia, in senso strettamente storico, il lungo periodo del Medioevo, che si suole dividere in due momenti o ulteriori periodi: Alto Medioevo (sec. VI – XI) e Basso Medioevo (sec. XII – XV).
Nel 750 d. C. inizia la tecnica della produzione della carta: una pasta composta di fibre ricavate da cenci, scorza di gelso, erba e canapa.
Nel XI secolo d. C. l’energia idraulica interviene nei processi metallurgici: magli e mantici idraulici, volano, ruote idrauliche. Nel campo della tecnologia militare si diffonde l’arco-balestra di uso individuale.
Nel 1180 si introduce in Occidente, proveniente dall’Oriente, il mulino a vento.
Dal secolo XIII al secolo XV un vivo fervore intellettuale caratterizza il passaggio dal mondo feudale alla rinascita nazionale e delle città.
Nel 1346 appaiono i primi cannoni ricavati dalla fusione di metalli a base di rame, seguiti dalle grandi bocche da fuoco di ferro fucinato. E’ di questo periodo anche una specie di mitragliatrice.
Nel XV e XVI secolo (Umanesimo, Rinascimento e Riforma protestante) di pari passo con la progressiva laicizzazione degli studi e il formarsi di un raro equilibrio nelle arti e nella cultura, l’ideale umanistico del sapere globale convive con gli inizi della specializzazione scientifica. L’invenzione della stampa (1450), le scoperte geografiche (1492), la rivoluzione astronomica e i fermenti spirituali della Riforma segnano una svolta antropologica senza precedenti nella cultura occidentale.
Al 1500 risalgono due invenzioni importanti: la morsa e l’orologio tascabile; nel 1520 arriva la pistola a ruota per cavaliere impugnata con una sola mano; nel 1604 l’ottica tecnica realizza il primo cannocchiale, capace di rendere visibili oggetti lontani.
Nel XVII e XVIII secolo, in un generale ampliamento del tessuto sociale della cultura, a cui contribuiscono in varia misura i fermenti rivoluzionari e le componenti universalistiche dell’Illuminismo, la scienza, che nella meccanica ha la sua massima espressione più compiuta, fornisce un modello di razionalità ancorata sull’esperienza. Parallelamente la tecnologia entra in modo sempre più massiccio nei cicli produttivi.
Nel XIX secolo l’articolato sviluppo delle discipline matematico-sperimentali e la sempre più stretta interdipendenza fra ricerca fondamentale e applicazioni tecnologiche si accompagnano all’imponente affermazione della rivoluzione industriale. Nel quadro di un ormai maturo assetto teorico delle scienze della natura, si conclude lo studio dell’uomo e della società su basi scientifiche.
Nel XX secolo e alle soglie del Terzo millennio si assiste ad una specializzazione della ricerca a livello sia teorico sia sperimentale, con il relativo frantumarsi di essa in tanti rivoli indipendenti di cui spesso non si scorge né il percorso né la fine. Da qui l’esigenza di ricostituire in unità il sapere scientifico. Il rapido, impetuoso, incessante progresso delle scienze e delle innovazioni tecnologiche (dalle complesse applicazioni dell’atomo alle fonti energetiche, dall’informatica alla telematica, dagli OGM (organismi geneticamente modificabili) all’ingegneria genetica, ecc.) si ripercuote non solo sulla realtà socio-economica a livello individuale, ma pone i germi di gravi quesiti, sino a ieri insospettati, nelle coscienze delle persone.
Applicazioni dell’archeologia sperimentale:
pensiero, ingegno e azione dell’uomo
Le tecniche antiche – per quanto conosciute – si sono applicate a molte attività dell’uomo, riscoprendo in questo modo il fascino del “fatto” e del reperto archeologico che, dopo la loro spoliazione esoterica, morfologica e funzionale, riemergono carichi di significato e di profondo legame con il passato.
1- Applicazioni alle produzioni: alla preparazione, cottura e consumo del cibo; alla produzione di materiali da costruzione (taglio legnami, fabbricazione di mattoni crudi o cotti, estrazione e lavorazione delle pietre, ecc.); alla fabbricazione di mezzi di trasporto (slitte, carri, zattere, ecc.); alla produzione di manufatti di pietra scheggiata in metallo e in altri materiali; alla produzione di materiale scrittorio (pergamena, papiro, calamai, penne, inchiostri, legature, ecc.); alla produzione di libri manoscritti, strumenti musicali antichi, miniature, decorazioni artistiche; alla produzione di oggetti in legno, pietra osso e corno; alla produzione di manufatti in ceramica.
2- Accensione del fuoco
Al di là del mito, che vuole Prometeo donatore agli uomini dei “semi di fuoco” sottratti alla “ruota del sole”, l’accensione del fuoco attorno a 400 mila anni fa ha costituito certamente una svolta nel modo di vivere dell’umanità. La metodologia è semplice: si percuote della pirite con un frammento di selce allo scopo di ottenere scintille, che vanno a incendiare un’esca asciutta, costituita da un mucchietto di paglia, corteccia sbriciolata, foglie secche, aghi di pino. L’operazione va aiutata, in caso di assenza di ventilazione naturale, con il soffio umano. In mancanza della pirite, si può provocare la scintilla attraverso lo sfregamento di due pietre focali o una pietra contro l’acciaio del coltello, o qualsiasi attrezzo d’acciaio a disposizione.
3- Fusione del bronzo
Le metodologie per lavorare i metalli più usati nella preistoria, rame, bronzo, oro e ferro hanno provocato uno scorrere di fiumi d’inchiostro e stimolato da sempre ricerche ed esperimenti. Il fonditore, il fabbro e il forgiatore rivestivano caratteristiche iniziatiche, sacre e misteriose, in tante culture e civiltà. Per ottenere una fusione del bronzo con le metodologie di quattromila anni fa occorre: il focolaio (una fossa di un metro di diametro, profonda 10 cm. e protetta da un circolo di pietre), il crogiolo (contenitore di argilla refrattaria del minerale da fondere), il mantice (in pelle a doppia sacca da azionare alternativamente per innalzare la temperatura del fuoco), la matrice per lo stampo realizzata in ardesia. Dopo il raggiungimento della temperatura ottimale (1150 gradi C), il crogiolo viene afferrato dalle pinze e portato sulla matrice.
4- Scheggiatura
Le rocce utilizzate nel Paleolitico e nel Mesolitico sono varie. In Europa è stata utilizzata più frequentemente la selce, che si trova in varie formazioni calcaree sotto forma di noduli di diverse dimensioni e forme, distribuiti in banchi, o sotto forma di stratarelli lenticolari. Oltre alla selce sono stati utilizzati materiali come: calcedonio, diaspro, calcare silicio, quarzite e ossidiana; tutte queste rocce, se colpite da un percussore o se soggette a una forte pressione in un determinato punto, si fratturano lungo superfici concoidi, dando origini a frammenti con margini taglienti “schegge”.
Secondo la terminologia corrente, viene chiamato manufatto ogni oggetto di selce che presenta delle tracce di lavorazione; viene chiamato strumento ogni manufatto che dalla lavorazione ha avuto una forma voluta.
Lo strumento può derivare dalla sgrezzatura di blocchi di selce oppure da due operazioni distinte, delle quali la prima consiste nel ricavare da un blocco di selce opportunamente preparato (prenucleo, nucleo) delle schegge (scheggiatura), la seconda nel conferire alla scheggia una determinata forma, trasformandola in strumento.
5- Costruzione di una punta di freccia
Per costruire una punta di freccia occorre disporre di una selce sottoforma di noduli. Una volta individuato un nodulo “buono” (senza venature), si percuote il selce, ottenendo la scheggiatura, da cui selezionare la scheggia più sottile e uniforme. Utilizzando una piccola porzione di palco di cervo immanicata su di un manico di legno, la scheggia assume la forma voluta.
6- Costruzione di un’ascia
Tra le possibili rocce, per costruire un’ascia, vi sono le serpentini, eclogiti, glucofanti, ecc. L’operazione richiede: la scheggiatura; la bocciardatura realizzata mediante una percussione diretta dura; la levigatura su lastra di pietra tipo arenaria; l’immanicatura dell’ascia.
7- Costruzione di un pugnale
Dalla scheggiatura della selce si ricava una lama, a cui si apportano due tacche, posizionate tra lama e codolo, per il relativo ancoraggio. Poi il codolo della lama di selce viene innestato per circa 3 cm nel manico di legno o altro materiale e fissato con un filo ricavato da tendine animale.
Concludendo
Di fronte a tanti affascinanti ed insoliti reperti archeologici non ho resistito alla tentazione di riprodurre oggetti del lontano passato e di costruire un mio laboratorio, creando delle ipotetiche riproduzioni che pongo all’attenzione degli appassionati, studiosi e di tutte quelle persone che sono innamorate di queste antiche arti preistoriche.
Prof. Oreste Bazzichi Teologo, la sua attività di studioso e docente è rivolta prevalentemente all’analisi dei rapporti tra etica ed economia.
Claudio Nucci
Minerologo , Ricercatore , Collezionista e Appassionato di tutte le Scienze geologiche.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento