'Delia la donna di Ostuni' é l'importantissima scoperta dovuta al prof. Donato Coppola, paletnologo dell'Università romana di Tor Vergata, nella grotta di S. Maria d'Agnano.
Gli
scheletri di una donna morta circa 25.000 anni e del bimbo che
portava in grembo, sono eccezionalmente ben conservati.
La
grotta di S. Maria d'Agnano é stata frequentata dalla fine del
quarto millennio, nel terzo millennio e parte del secondo millennio
a.C., da gruppi umani di allevatori di bestiame che nel secondo
millennio a.C. divennero veri e propri pastori che alle soglie
dell'età del ferro, creeranno villaggi intorno ad Ostuni.
Solo
Ostuni infatti, divenne un villaggio fortificato nell'VIII secolo e
diventò città messapica nel IV secolo e a cui si sostituì la città
medievale.
Tutti
questi popoli sono accomunati dal culto, così come testimonia la
grotta di S. Maria d'Agnano.
Qui
a partire dal paleolitico superiore (circa 25.000 - 20.000 anni fa),
avvenivano le sepolture e proprio qui la scoperta sensazionale: una
donna incinta morta, i cui resti sono stati ritrovati in ottimo stato
di conservazione, con il feto pressoché intatto.
La
grotta si apre alla base del monte di Ostuni. E' una grande voragine
che ha subito varie modifiche nel corso dei secoli.
La
grotta é poi diventata meta di culto anche in età cristiana.
Una
cappelletta all'esterno serviva a riparare i fedeli dalle intemperie.
Venne fatta costruire da un vescovo nel seicento.
Nell'interno
é ancora possibile vedere tracce di affreschi, probabilmente di età
bizantina.
Nella
parte sinistra della grande cavità, c'é una piccola cappella
cinquecentesca, con un affresco della Vergine.
La
pavimentazione é lucida, segno del passaggio delle migliaia di
fedeli che si recavano in pellegrinaggio.
Questa
grotta era sicuramente ricca di affreschi. Quello della Vergine é
l'unico arrivato fino ai nostri giorni.
In
una parte della grotta avvenivano i seppellimenti (risalenti al
Paleolitico superiore).
Fu
proprio qui che nel 1991, dopo anni di ricerche, il prof. Donato
Coppola portò a termine una scoperta di eccezionale importanza: il
ritrovamento dello scheletro di 'Delia' con il feto ancora intatto.
Per
la prima volta, infatti, i resti di due consanguinei vissuti in età
pleistocenica, sono giunti fino a noi in perfetto stato di
conservazione. Il prof. Coppola si calò in una piccola apertura che
gli permise di percorrere un cunicolo nella cui parte superiore, ebbe
l'immensa emozione di scorgere lo scheletro di Delia e del feto.
Il
problema a quel punto, consisteva nell'asportazione degli scheletri,
senza che fossero danneggiati.
Si
procedette così, alla rimozione in blocco del pavimento, sotto il
quale, appunto, c'erano i resti ossei.
All'interno
del cunicolo (una micro cavità non alta di 40-50 cm.), sono ancora
visibili conchigliette 'incastonate' nella roccia.
Facevano parte dell'arredo delle sepolture.
Le
operazioni di recupero furono, come si può immaginare, molto
difficoltose.
Grosse
assi di ferro, furono saldate tra loro a formare grandi cassoni di
contenimento (ognuno dei quali pesava 2 ql. e mezzo), per le
sepolture. Accanto al corpo dell'infelice madre, non furono posti
oggetti da noi considerati di valore (l'oro non era ancora
conosciuto), ma per quelle genti le conchigliette rappresentavano
molto che semplici monili ornamentali.
Erano
oggetti utilizzati quotidianamente e assumevano notevole importanza
proprio in occasione di particolare coinvolgimento emotivo, a
testimonianza della grande solidarietà che esisteva fra queste
genti.
Il
gruppo di cui faceva parte 'la donna di Ostuni' si occupò della sua
sepoltura, deponendola con le gambe contratte nella fossa.
Il
cranio é costellato di conchigliette forate.
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